di Renato Lo Mauro, Cardiologo, U.O. di Cardiologia Ospedale "V. Cervello"
Il motivo per cui una persona
si trova in Ospedale è spesso sintetizzato in formule
ufficiali, trascritte
e ripetute nelle intestazioni delle cartelle
cliniche, nei fogli di dimissione e nelle schede
amministrative.
Una cosa che sfugge è,
però, il significato personale di quella diagnosi
o di quei sintomi, al di là dei termini tecnici.
Faccio un esempio. Lavorando
in un reparto ospedaliero di cardiologia,
sappiamo cos'è l’angina
pectoris: sintomo costituito da dolore al centro del petto, che
sopravviene per lo più dopo uno sforzo,
in chi soffre di una malattia
coronarica causata
da una patologica deposizione di grassi nella
parete dei vasi, fino a restringerli alterando in essi il flusso di sangue. Così abbiamo coperto, più o meno, il campo
della clinica (diagnosi), dell’etiologia (causa)
e della fisiopatologia (meccanismo) della malattia. In ospedale si imposterà un trattamento (terapia)
con norme igieniche, farmaci o interventi
meccanici.
Di fatto, si presenta in ospedale un uomo di
paese, Pasquale Libasci (nome di fantasia), non più giovane (sessanta – settanta
anni), sentitosi male mentre lavorava in
campagna (è la stagione della raccolta delle
olive), è andato dal medico di famiglia
che gli ha prescritto una medicina, con cui è stato
peggio. Verosimilmente, il signor Pasquale soffriva di una
malattia cronica senza saperlo: il primo sintomo è stata una crisi di
angina pectoris; la
terapia descritta ha avuto un effetto collaterale.
Potremo scrivere tutto questo e passare poi alla
prescrizione terapeutica, ma ci sfuggirebbe
il “significato personale” della
malattia. Bisogna lasciar parlare il signor Libasci della sua campagna, della
raccolta delle olive, del suo paese, delle
sue impressioni sul medico
curante e l’ospedale,
del desiderio di ritornare
alla
sua vita. Bisogna conoscere anche la sua famiglia, che
lo ha accompagnato
in ospedale e lo
accudisce come può.
Alla storia clinica ed ufficiale della malattia
si aggiungerebbero informazioni, non strettamente tecniche, ma
utili per “gestire” il problema. Il
signor Libasci ha diritto di essere informato
della sua condizione in termini
per lui accessibili e di vedere il
suo problema affrontato, nei limiti del
possibile, in modo per lui accettabile (forse
consentendogli un rientro a casa per la
raccolta delle olive). Ma questo “per lui” verrà
fuori solo dalle informazioni del secondo tipo,
che potrebbero
essere raccolte dai volontari.
Collaborare con gli operatori sanitari per una rappresentazione del caso (cioè della persona malata) significa, in fin dei conti, contribuire a dare un’assistenza migliore al signor Libasci.
Collaborare con gli operatori sanitari per una rappresentazione del caso (cioè della persona malata) significa, in fin dei conti, contribuire a dare un’assistenza migliore al signor Libasci.

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