di Erika Maniscalco, dottore in Filosofia e counselor
La comunicazione è lo strumento
tramite cui creiamo,
sviluppiamo, estendiamo le
nostre relazioni: la capacità di
comunicare con gli altri è alla
base della capacità di relazionarci a loro.
La relazione medico-paziente
necessita di un approccio multifattoriale,
al fine di considerare il
paziente con una visione
di tipo globale dell’essere umano, applicando un
approccio bio-psico-sociale che rispetti la sua
complessità.
La comunicazione medico-paziente,
oltre a essere la tecnica più importante
utilizzata in medicina a scopi diagnostici e terapeutici,
è il presupposto per lo sviluppo di una
relazione terapeutica. Comunicare la diagnosi
non significa soltanto trasmettere dati e notizie,
ma implica una relazione che tenga conto di
quanto effettivamente sia stato recepito dal
paziente.Tante volte, ciò che i pazienti si aspettano,
non è la verità assoluta, ma quel tipo di verità
che egli vuole ascoltare che gli permette di mantenere
la fiducia necessaria contro la disperazione,
contro i sentimenti di rabbia, di abbandono, di impotenza e di angoscia causata dalla malattia
che ha il sopravvento. L’aspetto centrale del problema
non riguarda dunque se e quanto informare
il paziente, ma implica il processo della
comunicazione e della relazione nel suo insieme.
Molti studi hanno mostrato che se la comunicazione
è il frutto di una relazione individualizzata,
il risultato che ne consegue è una maggiore soddisfazione
del paziente e un migliore adattamento
alla malattia.
La relazione medico-paziente si
pone come fattore determinante nel modulare
la soddisfazione della persona rispetto
alla comunicazione ricevuta. Infatti,
quando ad una comunicazione verbale,
per esempio, di conforto, si accompagna un
atteggiamento preoccupato del medico o dell’infermiere
risulta essere ancora più disturbante per
il malato, per di più quando la comunicazione
non verbale denota un messaggio diverso o antitetico
rispetto a quello che è stato formulato verbalmente,
si crea una situazione estremamente
difficile, per chi la subisce.
Nella relazione medico-paziente, il problema
principale sembra quello di non saper ascoltare il
paziente e la sua insoddisfazione nasce proprio
dal contenuto dell’informazione, poichè è importante
che il medico non dia la sensazione di non
ascoltarlo, che non usi un linguaggio troppo tecnico.
Oggi, si riscontra una maggiore
necessità di ottimizzare il rapporto medico-paziente
puntando, su un percorso di perfezionamento
della comunicazione e formando gli operatori
della relazione d’aiuto al counseling, ovvero
una consulenza all'interno di una relazione di
aiuto. Numerose
sono le applicazioni del counseling nel settore
sanitario; in questo ambito possono esserci situazioni
difficili caratterizzate dalla modificazione
improvvisa della rappresentazione del futuro,
come accade nel caso di comunicazione di diagnosi.
Restituire autonomia decisionale al paziente
significa anche ridurre a una più ragionevole
dimensione la portata delle conseguenze degli
interventi comunicativi del professionista: tipico
è il caso della comunicazione di cattive notizie.

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