di Patrizia Ferrante, avvocato
La
famiglia ha subito, e continua a subire, una trasformazione profonda, ci si
sposa con l’idea che le regole da applicare al matrimonio siano quelle “tradizionali”,
ma quando il matrimonio finisce queste regole svaniscono nel nulla. L’amore,
questa variabile rischiosa, quando finisce si trasforma in dolore, rabbia e in
alcuni casi odio profondo verso la persona alla quale abbiamo promesso amore
eterno.
Spesso ci si dimentica che con il matrimonio non nascono solo diritti e doveri tra coloro che lo contraggono, ma coinvolgono soprattutto i figli.
Spesso ci si dimentica che con il matrimonio non nascono solo diritti e doveri tra coloro che lo contraggono, ma coinvolgono soprattutto i figli.
Oggi
i coniugi antepongono la propria individualità all’essere coppia, pretendono
che la legge tuteli i propri individuali interessi a discapito dei diritti
della famiglia complessivamente intesa.
L’avvocato
si trova spesso a dover gestire la grande conflittualità esistente tra i
coniugi e che inevitabilmente si riverbera negativamente sui figli.
Il
punto di partenza, per il professionista è quello di ridurre la conflittualità,
collocare nella giusta posizione i motivi del conflitto facendo capire ai
coniugi che il loro essere genitori non viene meno nonostante la separazione.
Oggi
per legge l’affidamento è condiviso, e la potestà sui figli è affidata ad
entrambi i coniugi. Il fondamento della legge sull’affidamento condiviso è
quello di mantenere un rapporto equilibrato tra figli e genitori, che la
separazione spesso fa venir meno.
Il
ruolo del padre, in questi ultimi anni, è stato radicalmente rivalutato. I
padri si dedicano di più ai figli, vogliono essere presenti nella loro vita.
Il
diritto di famiglia è stato profondamente innovato con l’introduzione della
legge n. 54/2006 sull’affido condiviso, che, in particolare, ha innovato la
disciplina della separazione e del divorzio, sancendo principi che aprono la
strada ad un nuovo intendere i rapporti tra genitori e figli anche dopo la
separazione.
L’attività
degli operatori del diritto, dagli avvocati ai magistrati, deve essere
orientata verso una concreta applicazione della legge, attività non sempre
facile, perché s'interviene in una situazione familiare compromessa, i
provvedimenti devono cercare, quindi, il più possibile di prevenire i momenti
di scontro tra gli ex coniugi e agevolare, nell’ottica dell’affidamento
condiviso, la collaborazione tra di essi anche dopo la separazione.
Spesso,
però, l’estrema genericità delle prescrizioni del giudice dà origine a non
pochi contrasti sulle modalità d'esercizio del diritto di frequentazione del
genitore non collocatario, a scapito della serenità dei figli.
Nella
maggior parte dei casi, bisognerebbe fissare alcune regole precise, al fine di
evitare libertà di azione ai genitori che sono troppo provati dalla separazione
per poter anteporre gli interessi dei figli, che spesso finiscono per diventare
degli strumenti di pressione psicologica.
La
casistica vede spesso la madre artefice di condotte tali da alienare la figura
paterna, condotte che danneggiano non solo il padre, violato nel suo diritto
più sacro e forte, quello del rapporto padre-figli, ma anche il figlio
costretto a crescere in modo innaturale, privo del riferimento fondamentale di
uno dei genitori, segnandone il suo destino.
L’avvocato,
nel trattare questa materia ha una responsabilità enorme, poiché si trova a
gestire non diritti di crediti ma diritti inviolabili; è necessario, dunque,
che sia dotato di formazione, etica
professionale e soprattutto onestà intellettuale.

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